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La radio "Alleata" a Fonteno

La storia

La prima radio alleata paracadutata sui monti dell'alto Sebino. Uno dei primi ponti di comunicazione tra gli alleati posti nel sud Italia e gli antifascisti posti nel nord Italia. Per anni si è parlato della radio portata dagli alleati nei nostri paesi, ma nessuno l'aveva trovata. Forse bastava lasciare Lovere e salire un po' più sopra, a Pianico, nella curva che porta alla "Mano" di Sovere. Forse bastava girare per i paesi a cercare altri partigiani, altre testimonianze da aggiungere a quelle già raccolte, bastava perdere qualche pomeriggio alla ricerca di nuovi documenti. Bastava incontrare con un po' di caparbietà e fortuna la signora Caterina Pedretti che da 60 anni aspettava di raccontare quello che ha visto e vissuto da giovanissima. Perché fu proprio la famiglia della signora Caterina Pedretti ad ospitare una delle prime radio poste nel nord Italia dagli alleati. Caterina, allora giovanissima ragazza di Fonteno, si vide per mesi passare in casa quelli che saranno poi i grandi protagonisti della Resistenza bergamasca, Bepi Lanfranchi, Giorgio Paglia, Giovanni Brasi e altri che lei stessa non ricorda. Questa è una delle interviste inedite riportate nel libro "La 53ª Brigata Garibaldi Tredici Martiri" di Matteo Alborghetti, un'intervista nella quale finalmente emerge la vera storia della radio alleata, un'intervista che va ad aggiungere un tassello importante nella nostra storia recente.

L'intervista

E' il gennaio del 1944 quando gli alleati scelgono Fonteno come punto di appoggio e mandano in questo paese la prima ricetrasmittente. Ad essere paracadutato sui monti dell'alto Sebino fu Giovanni Carnesecchi, un antifascista di Firenze del 1916 che portò con sé una ricetrasmittente. L'ufficiale venne ospitato nella casa di Caterina Pedretti, sorella di Pierino, partigiano che venne fucilato il 7 settembre del 1944. "Nel gennaio del 1944 venne paracadutato sui monti della zona Giovanni Carnesecchi, un antifascista che aveva con sé una ricetrasmittente. Carnesecchi venne ospitato dal gennaio del 1944 fino al gennaio del 1945 in casa mia. A lui si aggregò dopo un mese Federico Punzo, un maggiore degli alpini siciliano e residente a Milano. Lui aveva il compito di far arrivare ordini e portarli ad altre formazioni. Punzo andava sovente a Iseo a portare ordini. In seguito arrivò dalla Svizzera Emilio Bonari, tenente degli alpini e venne a dare una mano agli altri e rimase fino all'ottobre del 1944 ed arrivò nel mese di maggio del 1944. La mia casa era una base operativa dove venivano trasmessi ordini via radio. Passarono spesso a casa mia Brasi, Paglia, Silvio, Andrea, non so chi fossero questi ultimi. L'antenna era stata piazzata sul tetto e spesso bisognava smontarla frettolosamente per non rivelare la posizione della radio nella mia abitazione. I tedeschi e fascisti sapevano che a Fonteno c'era una radio alleata perché probabilmente avevano rilevato con dei loro mezzi la presenza di onde radio in zona.

Per questo motivo la mia famiglia visse sempre con la paura di essere scoperti e di essere fucilati".

La signora Caterina Pedretti ricorda l'arrivo di Giovanni Carnesecchi e di Federico Punzo ma anche la loro frettolosa partenza da Fonteno. Il giorno del loro addio coincide con la tragica morte del fratello di Caterina, Pierino Pedretti. I Fascisti e i tedeschi, dopo la grave sconfitta subita una settimana prima sui colli di Fonteno, ritornarono nel paese montano i 7 settembre. Contravvenendo alla promessa fatta ai partigiani di Giovanni Brasi di non toccare il paese, iniziarono un rastrellamento che causò la fuga di molti giovani e degli stessi antifascisti paracadutati sui monti dell'alto Sebino. "Il 7 settembre, il giorno della morte di mio fratello, ci bruciarono la casa e ci portarono via tutto, anche le lenzuola. Carnesecchi non c'era perché era a Iseo con Punzo, Bonari Emilio di Palazzolo sull'Oglio riuscì a scappare. La radio per fortuna non venne trovata. Da lì iniziarono i rastrellamenti, 16 secondo me. Con l'apparecchio trigonometrico avevano capito che nella zona doveva esserci una ricetrasmittente. E' stato un susseguirsi di rastrellamenti. Ospitammo persino i tedeschi e i fascisti. Eravamo solo tre donne, mio padre era internato. I fascisti bruciavano, rubavano incendiavano. Anche i partigiani facevano baldoria nell'osteria di Francesco Bertoletti e poi se ne andavano. Quando i fascisti capirono che lì passavano i partigiani, bruciarono l'osteria. I tedeschi si sono comportati sempre meglio dei fascisti. I fascisti hanno individuato la radio solo il 2 gennaio del 1945 quando Carnesecchi stava trasmettendo. Mio zio vide i fascisti e si precipitò a casa mia. La radio venne nascosta e loro non si accorsero. Carnesecchi fu mandato con tutti gli uomini del paese alle scuole e lì interrogato a lungo. Loro dissero che il Carnesecchi non lo conoscevano. Lui disse che era un ex allievo di mio zio, che era tenente degli alpini e cappellano militare ed aveva insegnato a Milano all'istituto Salesiano. Io e mia zia andammo al comando e, senza metterci d'accordo confermammo la sua testimonianza. Dopo quella retata decisero di andarsene. Ormai avevano capito che a Fonteno c'era la ricetrasmittente. Noi a fine guerra non avevamo più né la casa né la cascina. Il 25 aprile sembrò di rinascere. Quel giorno vedemmo la colonna tedesca a Pisogne colpita da bombardamenti e poi iniziò a circolare la voce". Caterina Pedretti ricorda anche la morte del fratello Pierino per mano fascista.

"Mio fratello aveva fatto il militare a Cogoleto e l'8 settembre era tornato a casa. Lui decise di non presentarsi più al distretto militare perché altrimenti lo avrebbero mandato in Germania. Rimase così sette o otto mesi in montagna. Prima era andato con le Fiamme Verdi in valle Camonica e poi passò con la Garibaldi. Lui di notte dormiva nei boschi e si spostava sempre. Il 7 di settembre piovigginava e mio fratello decise di rimanere in casa per poi svegliarsi la mattina dopo per tornare in montagna. Alle 6 arrivò mia nonna di ritorno dalla messa e ci disse di scappare. Alle 6 il paese era già circondato dai fascisti e tedeschi, mi ricordo che alcuni fascisti parlavano in dialetto bergamasco. Mio fratello e Bonari Emilio scapparono, mio fratello, che era del posto e conosceva bene la zona, scavalcò un muro altissimo ma venne preso, l'altro attraversò il paese di corsa passando nella piazza e si nasconde in un incavo nella roccia e si salvò. Mio fratello venne preso e portato a casa ma noi non c'eravamo.

Lui tentò di trovare i documenti che aveva della Todt, poi pare che abbia tentato di scappare e in quel momento i fascisti gli spararono alla schiena. Io e mia mamma scappammo da mia nonna che aveva una cascina posta sotto la nostra casa. Poi andammo al dopolavoro e lì mia madre si sentì male. Nel frattempo entrò un fascista, un ragazzo di 19 anni e ordinò un marsala. Poi disse, 'abbiamo preso uno del '25' e mia madre capì che Pierino era stato preso. Poco dopo entrò mia zia e ci disse che mio fratello era stato ferito e che stava scendendo dalla mia casa in cima al paese verso la piazza. Pierino disse alla zia, 'dai zia vieni a curarmi non vedi che sono ferito'. Mio fratello aveva lavorato all'Ilva di Lovere e riusciva a trovare uova o formaggi che portava ai colleghi. Prima di morire mio fratello chiese dell'acqua ad un fascista: 'dammi un po' di acqua da bere almeno tu che ti ho portato tante volte le uova e il formaggio'. Lui dunque riconobbe alcuni fascisti presenti alla retata. Mia zia allora disse a mia madre di vestirsi perché probabilmente avrebbero portato Pierino all'ospedale. Intanto i fascisti lo facevano camminare per la piazza ferito. Nel giro di una mezz'ora, alle 7.30 incontrammo una persona e mia zia disse, 'andiamo a vedere mio nipote che è ferito' ma quella persona ci rispose, 'non andate perché Pierino è stato ucciso'. La ferita era già mortale perché aveva trapassato il polmone i fascisti lo caricarono sul camion. Arrivati appena sotto la chiesa, nella casa posta sulla curva i fascisti si fermarono. Lì c'è un muro alto, venne fatto salire sul muro e buttato giù. Poi gli spararono probabilmente anche in faccia".

Ulteriori informazioni

Crediti

Tratto da Araberara - In casa di Caterina Pedretti

Ultimo aggiornamento
30 novembre 2021